Corte di Appello di Venezia, Sez. I penale, 4 gennaio 2023 (ud. 10 ottobre 2022), n. 3348
Il modello in esame «introduceva un organismo di vigilanza privo di autonomia effettiva rispetto alla direzione societaria, donde un ulteriore, decisivo profilo di inadeguatezza di tale strumento organizzativo». Nello specifico, «la direzione dell’ODV era affidata, al “Responsabile pro tempore della Direzione Internal Audit”, affiancato da “due soggetti esterni che non abbiano alcun rapporto di lavoro dipendente con il Gruppo Banca Popolare di Vicenza” (nel caso di specie, due avvocati). Era previsto, inoltre, che il Presidente di tale organismo non rivestisse “cariche sociali nelle società del Gruppo medesimo”».
Nel richiamare la pronuncia di primo grado, i giudici hanno ricordato come «tanto il presidente che i due ulteriori componenti dell’organismo erano soggetti privi della necessaria indipendenza:
- il primo, in quanto dipendente gerarchicamente dal d.g. e funzionalmente dal Cda, ovverosia proprio dai “poteri” che avrebbe dovuto controllare;
- i secondi, in quanto soggetti che avevano ricevuto retribuzioni da società riconducibili a BPVi, con conseguente sussistenza di elementi oggettivamente tali da minarne l’autonomia di giudizio».
Significativa di tale legame tra OdV e vertici aziendali – continua la Corte – «è la circostanza (convenientemente richiamata dal primo) costituita dal fatto che la relazione sulle attività svolte dall’ODV era effettuata, in sede di CdA, proprio dal direttore generale. Ebbene, anche su tali convincenti argomentazioni l’atto di appello ha omesso ogni specifica, reale considerazione critica, essendosi limitato a ribadire, all’uopo richiamandosi alle previsioni contenute nel modello, tanto l’autonomia dell’organismo di vigilanza quanto la disponibilità, in capo a tale soggetto, di adeguati poteri».
Per contro – si evidenzia – si tratta di un «profilo di essenziale rilievo, solo a considerare l’assoluta centralità rivestita da un OdV dotato di effettivi, penetranti poteri e, soprattutto, assistito da un effettivo statuto di autonomia (necessariamente intesa come assenza di subordinazione del controllante al controllato e, comunque, di ragioni di condizionamento) perché possa affermarsi l’idoneità del modello organizzativo».
Ulteriore conferma dell’inadeguatezza con riferimento all’effettiva indipendenza ed ai poteri dell’OdV, del resto, «la si ricava, sul piano logico, per un verso, dalla durata della condotta illecita (come visto protrattasi per alcuni anni) e dal numero elevato dei soggetti coinvolti; e, per altro verso, dalla condotta tenuta dal componente del collegio: sebbene a conoscenza del fenomeno del capitale finanziato sin dal 2012, costui aveva sostanzialmente ignorato tale circostanza, non facendola mai oggetto di verifica, ovvero di approfondimento, ovvero ancora anche di semplice discussione all’interno dell’OdV. È stato lo stesso, del resto, a descrivere l’attività svolta dell’OdV in termini sostanzialmente minimali, soggiungendo di non avere riferito in tal senso, neppure nel corso dell’ispezione del 2015, in quanto intimidito e condizionato dal d.g.».
In effetti – come aveva osservato già il primo giudice – «i verbali delle riunioni dell’OdV non sono che la plastica espressione di un organismo che interpretava il proprio ruolo in modo meramente formale, posto che non offrono la benché minima contezza di alcuna programmazione di attività di verifica, né evidenziano che fossero state rilevate criticità, neppure in relazione ai casi più eclatanti».